SolarWinds…e l’ingenuità dei suoi clienti (anche italiani)

La Securities and Exchange Commission statunitense di recente ha rivolto accuse contro la nota Corporation di sviluppo software SolarWinds, con sede in Texas, e contro il suo responsabile della Cybersecurity, Timothy G. Brown, per frodi relative a rischi e vulnerabilità di sicurezza informatica taciute agli investitori e consumatori. La denuncia sostiene che, dall’offerta pubblica iniziale dell’ottobre 2018 e almeno fino al momento dell’annuncio nel dicembre 2020, SolarWinds sarebbe stata l’obiettivo di un massiccio attacco informatico durato quasi due anni, soprannominato “SUNBURST”: la Corporation e Brown hanno frodato gli investitori sopravvalutando SolarWinds in malafede, nascondendo anche ai consumatori finali dei loro software i reali rischi informatici a cui andavano incontro. Dai documenti depositati presso la SEC si evince che durante quel periodo SolarWinds avrebbe ingannato gli investitori rivelando solo rischi generici e ipotetici, in un momento storico in cui, invece, la società e Brown erano perfettamente consapevoli delle carenze informatiche strutturali nelle architetture ICT e nelle policy di sicurezza informatica dell’azienda (volutamente omesse nei rapporti con l’esterno), nonché dei rischi sempre più elevati che la Corporation stava affrontando all’epoca.

Come sostiene la denuncia, le dichiarazioni pubbliche di SolarWinds sulle pratiche di Cybersecurity interne – e soprattutto sui rischi dei possibili incidenti informatici – erano apertamente in contrasto con le loro analisi tecniche, inclusa una presentazione del 2018 preparata da un ingegnere e condivisa internamente anche con Brown, secondo cui le configurazioni per l’accesso remoto ai sistemi e ai servizi SolarWinds “non erano molto sicure” (per usare un sottile eufemismo!), e che “qualcuno che dovesse sfruttare la vulnerabilità può praticamente fare qualsiasi cosa prima che noi lo scopriamo, finché non sarà troppo tardi”, il che potrebbe portare a “gravi perdite sia di reputazione che finanziarie”. Allo stesso modo, come affermato nella denuncia della SEC, le presentazioni interne del 2018 e del 2019 di Brown evidenziavano, rispettivamente, che “l’attuale livello della Cybersecurity espone le nostre risorse critiche ad un potenziale stato molto vulnerabile“, e che “l’accesso privilegiato ai sistemi critici nonché ai dati è inappropriato“.
(puoi continuare l’approfondimento sul testo originale della denuncia seguendo questo link)

Perché continuare ad usare i prodotti di una software house che evidentemente, in un modo o nell’altro, continua ad ingannare i suoi clienti? Non bastano forse i pesanti databrech subiti da questa Corporation negli anni passati a mettere sul chi vive il consumatore?

…evidentemente no, se ancora molte aziende italiane (ma anche estere) continuano ad utilizzare (probabilmente nella più beata ingenuità…o forse a causa di una più preoccupante negligenza massificata?) software commerciali sviluppati da questa ormai ingannevole software house. Timore di cambiare fornitore o pigrizia per un ipotetico passaggio al mondo Open Source? Solo il tempo e gli incidenti informatici attuali e futuri dimostreranno ai clienti SolarWinds quanto costa (in termini di migliaia di dollari o di euro) la mancata valutazione di alternative, magari di alternative basate su software di monitoraggio Open Source: versatili, efficienti, spesso lowcost quando non del tutto FOSS, ma soprattutto più sicuri poiché liberamente ispezionabili dalle Community (Open Source —> codice aperto…oltre che libero!) nonché riprogrammabili dagli utenti, e spesso progettati con i principi ingegneristici della Security by Design in testa…e non con l’obiettivo di massimizzare a prescindere i profitti con la vendita di licenze di software consapevolmente buggato e insicuro.